KAMIKAZE
VENTO DIVINO
BANZAI! ('EVVIVA')
Una suprema nobiltà d'animo per un combattente giapponese
Una follia agli occhi degli occidentali
Il giovane YAMANAKA, 17 anni, fotografato prima del decollo
"Il loro non era un suicidio! Quegli uomini, vecchi o giovani che fossero, non morivano invano; ogni velivolo che riuscisse a piombare su una nave nemica poteva allontanare un brutto colpo dalla nostra patria. Ogni bomba portata da un Kamikaze contro una portaerei rappresentava la morte di molti nemici e la distruzione di un certo numero di velivoli che non avrebbero così mai più potuto attaccare o bombardare il nostro suolo.
Quegli uomini avevano fede: credevano nella patria...
Ognuno di "quegli" uomini che si sacrificavano non moriva, ma passava a coloro che rimanevano la propria fiaccola di vita"
(Saburo Sakai - dal libro 'Samurai')
ACHIMAKI
Sciarpa di seta bianca con l'emblema del Sole nascente, simbolo del coraggio e della calma prima del combattimento, indossata dagli antichi guerrieri Samurai
Museo di Chiran
Nel Peace Museum di Chiran sono conservate le fotografie con i ritratti degli aviatori morti durante gli attacchi suicidi alla flotta Usa
Proprio a Chiran, sull'isola di Kyushu all'estremo sud del Giappone,
si trovava la base da cui, tra il 1944 e il 1945, gli aviatori nipponici
decollavano a bordo di apparecchi carichi di esplosivo per lanciarsi contro le
portaerei statunitensi.
Da quell'estrema punta meridionale dell'isola, oltre mille giovani uomini partirono alla guida degli ZERO, piccoli aeroplani abilissimi nelle battaglie aeree ma con caratteristiche ormai sorpassate per affrontare la
superiorità dei nuovi Hellcat americani.
Dai tempi dell'attacco alla flotta statunitense (senza una preventiva dichiarazione di guerra) ancorata a Pearl Harbor
le sorti della guerra sembravano essersi rovesciate:
gli alleati stavano ormai riconquistando i territori del Pacifico occupati dal Giappone tra il '41 e il '43.
L'unica forza di attacco era ormai fornita dagli aviatori Kamikaze.
"Partivano isolati, uno dopo l'altro; qualche volta si trattava solo di una coppia, ma più spesso erano in sei, dieci, sedici; rullavano sulla pista, si staccavano da terra per l'ultima volta e correvano a lanciarsi contro gli obiettivi. Molti di essi non riuscivano però a raggiungerli perché venivano abbattuti, prima di arrivarvi, dagli intercettori nemici o dalla terribile contraerea delle navi.
C'era tuttavia sempre qualcuno che riusciva a superare gli sbarramenti e a lanciarsi nella picchiata fatale, come uno spirito vendicatore che sbucasse improvviso dal cielo; talvolta questi Kamikaze avevano le ali rotte per i colpi ricevuti o erano già avvolti dalle fiamme, ma riuscivano a dominare fino all'ultimo il velivolo su cui volavano, per portarlo fin sopra la meta prefissa."
Pearl Harbor
(foto dal web)
"Gli avversari avevano troppe forze, si erano portati ormai troppo avanti ed erano eccessivamente preponderanti nel numero; avevamo di fronte troppe navi, troppi aeroplani, troppi cannoni e troppi uomini...
Adesso non si trattava più di difendere isole lontane, ma lo stesso suolo della patria".
"Tokyo, Osaka, Nagoya, Yokohama e le altre grandi città del Giappone tremarono sotto il terribile assalto delle successive ondate di bombardieri."
"Milioni di bombe caddero dal cielo e causarono distruzioni che non erano ancora state viste sulla terra, fino a quell'epoca."
"Il sei agosto 1945 l'annuncio di una enorme, terribile esplosione su Hiroshima, confermata in seguito come dovuta a una bomba atomica"...
"Seguì poi la seconda bomba atomica, questa volta su Nagasaki."
(Saburo Sakai)
Il 15 Agosto 1945, a mezzogiorno preciso, l'Imperatore del Giappone HIROITO parlò per la prima volta ai suoi sudditi, dichiarando che, a causa delle armi di cui gli Americani disponevano, era impensabile proseguire la guerra e pertanto ordinava a tutte le Forze Armate di fermare qualsiasi azione bellicosa contro i nemici, dovunque esse si trovassero.
Annunciava così la resa senza condizioni del Giappone, secondo la Dichiarazione di Potsdam
"La guerra era finita; tutto era finito."
Tempio Shintoista Yasukuni a Tokyo
qui sono sepolti ed onorati i caduti giapponesi nelle varie guerre
"Oggi sono ancora in boccio, poi saranno dispersi;
la vita è simile ad un fiore delicato
Come possiamo attenderci che la sua fragranza duri per sempre?"
(Takijiro Honishi)
L'ammiraglio Takijiro Onishi fece karakiri subito dopo la resa, nel 1945
"aveva scelto quella morte piuttosto che rimanere vivo mentre tanti suoi uomini, ai quali aveva ordinato di morire, non erano più tornati"
Nel suo testamento scriveva: "Dedico la mia morte all'anima dei miei subordinati e alle loro famiglie"
asso dell'aviazione da caccia nella seconda guerra mondiale e divenuto una leggenda, si è impegnato in più di duecento duelli aerei ed è l'unico pilota che non abbia mai perduto un gregario in combattimento.
Durante un combattimento aereo su Guadalcanal, nell'agosto del 1942, riportò gravissime ferite: schegge di metallo nella schiena e nel petto e grossi frammenti di pallottole di mitragliatrice incastrate nel cranio. Con il velivolo malridotto e dopo che le ferite gli avevano procurato la paralisi della gamba e del braccio destri, la perdita permanente della vista dell'occhio destro e quella temporanea dell'occhio sinistro, con atroci sofferenze e momenti di incoscienza riuscì a rientrare alla base, portando a termine l'atterraggio sulla pista di Rabaul.
(foto da Flickriver)
"La fine della guerra del Pacifico segnò per me l'inizio di una nuova lotta, lunga e amara, di un genere peggiore di quella che avevo conosciuto nei combattimenti. C'erano nemici di nuovo genere, ma sempre mortali, da affrontare: la povertà, la fame, le malattie e ogni sorta di profonde delusioni.... vestito di stracci e con cibo a malapena sufficiente.
L'ultimo e più violento colpo mi venne dalla morte, per gli stenti e le malattie, della mia adorata moglie: Hatsuyo era scampata alle bombe e ai pericoli della guerra, ma non poté sfuggire a questo nuovo, atroce nemico."
(Hatsuyo Sakai)
"Gli ultimi anni sono stati veramente strani...... ho incontrato uomini contro i quali avevo combattuto nei cieli, ho conversato con loro e ho trovato in essi l'amicizia. Questo, veramente, soprattutto mi faceva impressione: quella stessa gente che, per quanto mi risultava, era capitata anni or sono a tiro delle mie mitragliatrici, adesso mi offriva sincera amicizia."
"No, non ho dimenticato come si fa a volare. Se il Giappone dovesse avere ancora bisogno di me, se le forze nemiche dovessero stringere da vicino la nostra patria, volerò di nuovo.
MA PREGO FERVIDAMENTE CHE NON SIA QUESTA LA RAGIONE PER LA QUALE IO DEBBA TORNARE A CORRERE NEI CIELI"
(Saburo Sakai -Tokyo 1956)
(Museo di Chiran)
L'altro giorno avevo lasciato il commento qui, ma ora non lo trovo...
RispondiEliminaE' la storia triste che non posso leggere senza lacrime, ma grazie a loro adesso potremo vivere serenamente...
Il parco dove il fulmine è caduto è molto vicino a casa dove sono cresciuta... mi dispiace molto...
ciao a presto
Ciao Titti! Bentornata!
RispondiEliminaChe bello parlare di nuovo con te!
Ho visto i tuoi post. Sei stata in Calabria... bella eh? Io ci sono stata molti anni fa, a Capo Vaticano. Bel mare, come quello della Sardegna!! Mi ha particolarmente colpito il fatto che hai telefonato al tassista per salutarlo. Qui da noi è raro che succeda. E' molto bello ciò che hai fatto, dimostra la tua sensibilità e la tua dolcezza. Sei tu nella foto davanti al supermercato, vero? Che bella che sei! Proprio.. Kawaii!
Qui a Genova fa ancora caldo, ho fatto qualche bagno in questi giorni che sono stata al campeggio a Sestri Levante. Oggi è arrivata la pioggia, ma spero di ritornare al mare nel fine settimana.
Bello il dipinto antico e le foto nel post sul fiume Kamo! Condivido pienamente la tua frase :"Ogni stagione ha il proprio fascino e rimango ammirata dall'idea della gente del passato di goderne pienamente..."
A presto, carissima!
Ciao da Patri
Ciao Patri,
RispondiEliminaanche qui, fa molto caldo per essere a ottobre...
Grazie per le attenzioni verso di noi, ora il tifone si è già allontanato e il sole è tornato...
Mi dispiace per le vittime e i danni, per fortuna noi non abbiamo avuto i problemi...
(ho appena scritto al mio posto)
Forse ho scritto male, ma ho chiamato quel tassista per chiedere un passaggio fino alla stazione, ma non per salutarlo... perché era molto cordiale e gentile e volevo che ci accompagnasse lui invece degli altri...
Ti abbraccio
Grazie per i complimenti... ma non me li sono meritata...